In occasione della Solennità della S.S. Trinità, un bollettino delle nostre comunità scriveva: “La Trinità è il mistero centrale della nostra fede, mistero che non riesco a comprendere, ma in cui credo perché l’ha rivelato Gesù e lo propone la Chiesa… La nostra risposta al mistero di Dio è amarlo, adorarlo. È davvero una cosa grande: vivere la vita di Dio, partecipare alle relazioni di amore della Trinità, non con l’intelligenza, lo studio, ma col cuore, la volontà di amare, il fuoco, la passione dell’amore”.
Davanti a questo testo ci siamo chiesti cosa Gesù potesse pensare riguardo all’amare Dio senza comprenderlo e ci è venuto subito in mente di quando è stato interrogato dallo scriba ed ha affermato: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Dal canto suo lo scriba, non accontentandosi di credere senza comprendere in nome dell’autorità rivelante di Gesù, ha aggiunto un suo approfondimento della questione: “Hai detto bene maestro…amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza… vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. E questo gli è valso, non il rimprovero, ma l’elogio di Gesù: “Vedendo che egli gli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: non sei lontano dal Regno di Dio” (cfr. Mc 12,28-34).
Pare quindi che per Gesù l’atto di fede sia una risposta esistenziale che tocca tutte le dimensioni dell’uomo, perché tutte sono da orientare verso Dio, intelligenza inclusa.
Qualcuno però potrebbe obiettare che Dio è e rimane un mistero, il che è vero nel senso che l’uomo non può afferrare la grandezza di Dio con le sue forze, se Dio non si china su di lui. Ma poiché Dio si è rivelato pienamente in Cristo, la fede non è credere per vero delle cose che non si comprendono, ma è affidarsi a un Volto affidabile, di cui si fa esperienza con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutta la forza: è infatti lo stesso rivelarsi di Dio che illumina la mente dell’uomo e produce conoscenza di Lui.
Del resto, se Dio deve essere amato e adorato ci si deve porre in relazione con Lui e non può esistere relazione senza una conoscenza non superficiale: infatti chi può sentirsi amato se si percepisce come sconosciuto all’altro? O come si può amare davvero se questo non implica anche un approfondimento della conoscenza dell’altro? Sant’Agostino, appassionato cercatore di Dio, così lo pregava: “Ti cercavo e desideravo vedere con l’intelligenza ciò che avevo creduto”. (De Trinitate XV,28,51)
Per questo davanti all’esortazione del bollettino per cui si dovrebbe vivere la vita di Dio col cuore ma non con l’intelligenza e con lo studio, replichiamo ma perché no? Perché privarsi della possibilità di amare Dio con tutto noi stessi e perché privarsi del piacere di riflettere e studiare quelle mille sfaccettature del Suo volto che a Lui è piaciuto rivelare per amore? Infatti “l’amore è intelligente: ama conoscere per amare di più. L’intelligenza è come l’occhio del cuore. Non si può amare ciò che non si vede, come non si può non cercare di vedere chi si ama.” (S. Fausti, Ricorda e racconta il Vangelo. La catechesi narrativa di Marco, Milano, Ancora, 1998, 394).